mercoledì 30 aprile 2008
venerdì 18 aprile 2008
Ieri sera avevo voglia di soddisfare la mia annuale fame di "The Shining", di rivedermi nei colori del piccolo Danny, di riscoprire i numerosi indizi che Stanley ha disseminato maniacalmente per il film, di sognare per i corridoi da incubo dell'Overlook Hotel. E così, amando la stessa materia impolverata, propria della vecchia vhs: ...zuuutt clack (vhs nel lettore). .
Leggo dal libro di cui sopra...
La rappresentazione dello spazio in Shining è di particolare interesse: ogni qualvolta l'azione si svolge internamente all'hotel, lo spazio è labirintico, prospetticamente concluso, definito da precisi limiti geometrici, mentre nelle rare riprese in esterni gli unici confini sono quelli dell'orizzonte e delle vicine montagne. In entrambi gli ambienti l'uomo si perde, diventa cosa piccola e insignificante a confronto con la maestosità del paesaggio o con l'imponenza dell'albergo, ed è come dominato, soggiogato dallo spazio. Questo aspetto viene abilmente sottolineato da Kubrick mediante la ripresa dall'alto con veduta panoramica volta a rendere il carattere estremamente selvaggio dei luoghi che circondano l'albergo. Del resto l'immagine del labirinto di siepi dell'albergo, più volte inquadrato anche dall'alto, la stessa struttura interna dell'albergo che richiama l'idea di un labirinto, rimandano, come dichiarò lo stesso Kubrick, al labirinto mentale nel quale progressivamente si perde il protagonista.La simmetria, l'eco, il doppio, lo specchio ritornano continuamente nel film: per esempio la parola REDRUM che Danny scrive sulla porta in uno stato di trance significa al contempo MURDER, cioè "assassinio" scritto alla rovescia, e RE-DRUM cioè "rimbombo", suono ripetuto.Se facciamo eccezione per le poche scene che si svolgono in esterni, la maggior parte del film è girato in interni o di notte e quindi con luce artificiale al neon, fredda e impersonale. Ne deriva una continua sensazione di disagio, di claustrofobia, di nostalgia del sole. Oltre a ciò frequenti sono le scene in cui la luce illumina i soggetti o dal di sotto o da dietro, di volta in volta accentuando gli aspetti diabolici del volto di Jack Nicholson, o semplicemente accecando, disorientando lo spettatore.Anche i colori hanno nel film un ruolo ben preciso; l'effetto prodotto è sempre quello di una sgradevolezza di fondo, di una sostanziale inaccoglienza dello spazio, che a volte si esprime con una sensazione di malessere e di inadeguatezza. Vi è un frequente uso del bianco in taluni ambienti, per accentuare il senso di vuoto e di solitudine, altre volte, come nel caso del bagno rosso, nell'impressione che l'ambiente sia come in grado di esercitare un pressante condizionamento psicologico sui suoi occupanti.
giovedì 17 aprile 2008
IL CONTRARIO DI UNO, Erri De Luca
mercoledì 16 aprile 2008
INFINITA FELICITA' E SPLEEN
Mi è sempre stato detto, fin da piccola, che avrei dovuto scrivere, perchè il mio stile piaceva.
Alle professoresse, alle amiche, ai fidanzati.
Ma io, davvero impaurita che la 'materia' personale, principalmente di matrice malinconica e disillusa non potesse interessare gli Altri, non ho mai scritto perchè mi leggessero "davvero". E poi, non trovavo di avere un particolare "senso lucido" e logico della parola, perciò non ho mai avuto voglia di spiegare gli eventuali "perché ho scritto questo invece che quello". (E allora perchè un blog?) Forse perchè mi leggono solo gli amici e forse perchè da sempre credo nell'elemento flusso di coscienza malinconico quale 'terapia medica' a certi turbamenti. Non scrivo da tantissimo, un anno.
Perché.
Ho scoperto che la malinconia congenita ha dovuto cedere il passo ad un inaspettato senso di completezza e di felicità, un quasi completo appagamento. Così è passato un anno durante il quale ho capito che potevo essere felice e grazie a questa intuizione ho "galleggiato" nella speranza che la malinconia e tutti i suoi derivati non mi venissero più a trovare. Invece. Eh invece. Per caso, un evento del tutto casuale come il parlare con una persona del passato, ecco insomma questo riproporsi di certe memorie ha riportato alla luce dei pensieri da bile nera. E ho capito che è proprio nelle mie fibre, guardare a terra con sguardo torvo e cercare di capire perché certe cose succedono e combattere fino a che non trovo una soluzione verso l'Armonia. O, sì, è nelle mani il desiderio di non fermarsi mai all'apparenza, le cui qualità invece di recente ho cercato a tutti i costi di apprezzare. 'Mi storco e contorco' (-P.Conte-) per cercare di dare un senso, più semplicemente, alle cose, e inciampo nella mia innata spleen. Lo accetto. Ma non me ne vanto come fanno certi. No, alla vita ho dovuto contrapporre vivere la morte di mio padre, superare negli anni un lutto che non mi sono concessa, lasciare andare un vuoto sordo e scoprire una Felicità mai sperata, il tutto tenendo in equilibrio la mia natura con le cose della vita.
Ancora ora mi chiedo come avrei fatto senza alcune persone vicino a me. Per casualità in passato e con amore ora.
La mia spleen non ha nulla a che vedere con la Noia leopardiana. Non vuol produrre argomentazioni o pensieri, ma si gioca tutta nella resa espressionistica degli effetti devastanti, allucinatori dell'angoscia esistenziale.
Così fotografo una panchina affollata da anziani a Madrid, o un bicchiere vuoto dall'alto. Un cerchio perfetto.
Malinconia per me è occasione adesso di equilibrio e non più e solo di uno sguardo torvo.
Ho capito.
Malinconia è ritornata a far luce sulla tristezza ma con questo vento primaverile mi ha fatto scoprire con occhi diversi che "sto meglio" in questo mondo.
O forse, ha dato semplicemente la mano, camminando, a Felicità.
Così, dedico questo pensiero a chi ora non sa più, nè tanto meno vuole più sapere cosa faccio, dove sono e con chi. Auguro insomma a F. di girarsi un giorno indietro e sorridere, non con la cattiveria mesta che gli è propria ora, a me con tutta la consapevolezza di quanto ci siamo detti in passato e di ciò che pensiamo di non volerci più dire.
martedì 15 aprile 2008
martedì 8 aprile 2008


